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Le piante aromatiche

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Il termine pianta aromatica indica piante contenenti sostanze di odore gradevole (aromi), ricche di oli essenziali.

 

Nei vegetali la produzione di sostanze aromatiche può essere distribuita in tutta la pianta o localizzata in determinati organi, come:

  • Semi (pepe, anice, vaniglia, ginepro, caffè, ecc.)
  • Bulbi o radici (cipolla, aglio, ecc.)
  • Foglie (tè, tabacco, ecc.)
  • Legno (sandalo, canfora, ecc.).

Molte piante aromatiche hanno anche proprietà medicinali e officinali (come ad esempio la menta), ma vengono generalmente utilizzate: in cucina come spezie per insaporire i cibi, o prolungare la conservabilità di alcune pietanze, in erboristeria fresche o più frequentemente essiccate per la preparazione di infusi o bevande dissetanti, industrialmente per la preparazione di liquori o amari

L’aggiunta di aromi nell’alimentazione è un uso molto comune e importante per esaltare il gusto e il gradimento dei cibi e renderli più digeribili. Tutte le erbe aromatiche, sono anche medicinali ed è quindi necessario tenere presente tale caratteristica.
Nel 812, Carlo Magno, primo imperatore del Sacro Romano Impero, con un editto obbligò a coltivare l’erbe “salutari” che erano contenute in un elenco, in numero di 74.
La virtù degli aromi, oltre quella d’insaporire i cibi, è quella di aiutare la digestione.
Nella conservazione dei cibi, l’uso di particolari spezie, ha lo scopo, non solo di un’esigenza gustativa, ma anche d’impedire il proliferare della flora batterica; così il pepe nel salame, i chiodi di garofano e la cannella per non far irrancidire le mele e altre spezie come noce moscata, rafano, curcuma, zenzero, rosmarino, aglio, salvia, timo, maggiorana, senape che hanno proprietà antibatteriche. L’olio di senape era un tempo usato, nella conservazione del vino per impedire lo sviluppo di muffe.
Ogni cucina propone le sue erbe aromatiche e quella italiana ne presenta un’ampia scelta.

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