Ieri ho avuto la possibilità di visitare i “Musei del Cibo” in provincia di Parma. Una gita all’insegna delle eccellenze italiane, che consiglio a grandi e piccini.
Oggi vi parlerò del Museo del Pomodoro che è situato c/o Corte di Giarola – Parco del Taro – a Collecchio in provincia di Parma. Il museo ripercorre le vicende storiche del pomodoro, ne segue le tecniche di coltivazione, propone la ricostruzione di una antica fabbrica delle conserve, con macchinari d’epoca.
La Storia: I pomodori costituiscono, con il mais e la manioca, una parte predominante della dieta degli abitatori dell’area compresa tra il Messico ed il Perù.I primi esemplari di pomodoro giunti nel Vecchio Continente sulle navi dei conquistatori spagnoli al seguito di Hernán Cortès (1485-1547) di ritorno dalle Americhe erano di piccole dimensioni e di colore giallo. Olivier De Serres (1539-1619), botanico alla Corte di Francia, cita il pomodoro nel suo Trattato di agricoltura, come una curiosità, gradevole come pianta ornamentale.
Antonio Latini (1642-1696), cavaliere marchigiano, cita per la prima volta nel suo Scalco alla moderna edito a Napoli nel 1694 il pomodoro in un trattato gastronomico con una sola ricetta di stufato di verdure.Francesco Gaudenzio (1648-1733), cuoco dei Gesuiti, nel Panonto toscano, redatto nel 1705, propone il misto di verdure in tegame, reso inconfondibile dal rosso dei pomodori, pelati, spezzettati e soffritti nell’olio.
Il botanico-gastronomo Vincenzo Corrado (1734-1836), nel suo Cuoco galante pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1773, descrive i pomodori come “frutti” color zafferano.
Nel 1781 il pomodoro viene introdotto a Philadelphia, negli Stati Uniti, da un rifugiato francese proveniente da Santo Domingo e la sua coltivazione viene sostenuta da Thomas Jefferson.Charles Nicolas Appert (1749-1841), già pasticciere in Rue de Quincampoix a Parigi, dopo numerosi tentativi, nel 1796 realizza in un piccolo atélier a Ivry-sur-Seine le prime conserve in vasi di vetro. Charles Nicolas Appert pubblica nel 1804 il Livre de tous les ménages, ou l’art de conserver pleusieurs années toutes les substances animales et végétales, con i risultati dei suoi esperimenti, codificando l’ “Appertizzazione”.
Peter Durand presenta in Inghilterra nel 1810 il brevetto per un metodo di conservazione degli alimenti mediante riscaldamento entro recipienti di latta. È oggi riconosciuto come l’inventore delle scatole in banda stagnata.
Alla Corte di Parma, il cuoco di Maria Luigia, Vincenzo Agnoletti (1776-1826 post), scrive: “I pomodori si preparano in diverse maniere. Sono di diverso gusto, purché siano rossi e freschissimi”.
Alexandre Dumas (1802-1870), dopo un suo soggiorno a Napoli, nel 1835 descrive vari tipi di pizza, quasi tutti ancora “in bianco”: con olio e aglio, con pesciolini e, finalmente, col pomodoro. Il pomodoro conquista la pizza.
Ippolito Cavalcanti, duca di Bonvicino, (1787-1859) nella sua Cucina teorico pratica, pubblicata nel 1839 codifica, per la prima volta, e in dialetto napoletano, “i vermicielli co’ le pommodore”. Il pomodoro sposa la pastasciutta.
Viene pubblicata nel 1840 la famosa ricetta di Niccolò Paganini (1782-1840) dei ravioli alla genovese con salsa di pomodoro.
Il pomodoro compare in svariati allestimenti e condimenti, in un pranzo di gala offerto nel 1853 dall’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III.
L’inglese Yates brevetta nel 1855 il primo modello di apriscatole.
Francesco Cirio (1836-1900) apre a Torino nel 1856 la prima fabbrica di piselli in scatola, seguita nel 1875 dal primo impianto per la lavorazione industriale di pomodoro in Campania, grazie all’impegno del tecnico parmigiano Lamberto Gandini e dell’industriale locale Pietro Rovetta.
Carlo Rognoni (1829-1904), nel suo podere la Mamiana di Panocchia, studia per primo il pomodoro e la sua coltivazione, con incroci ricava la qualità più adatta, chiamata Ladino di Panocchia, ne porta la coltura in pieno campo e nel 1874 fonda una società di agricoltori.
All’Esposizione Universale di Parigi del 1878 il Comizio Agrario di Parma presenta conserva e salsa di pomodoro in pani e in vasi di cristallo.
Secondo i dati ministeriali, nel 1890 sono attivi in provincia di Parma 16 opifici di trasformazione del pomodoro con 35 caldaie a fuoco diretto e 76 operai producendo mediamente 535 quintali di conserva nera in pani all’anno.Con l’utilizzo delle boules e dei concentratori, si giunge alla più conveniente e sicura produzione sottovuoto di conserve di pomodoro.
Secondo i dati della Camera di Commercio, nel 1912 sono attivi in provincia di Parma 61 stabilimenti, che trasformano, mediante 229 impianti sottovuoto, 1,5 milioni di quintali di pomodoro, offrendo lavoro, per 50 giorni, a tremila persone.
Il 2 luglio 1922 viene ufficialmente fondata a Parma la “Stazione Sperimentale delle Conserve Alimentari”, sorta per iniziativa di Comune, Provincia, Consorzio Industriali, Cassa di Risparmio, Banca dell’Associazione Agraria, Camera di Commercio e grazie all’impegno di Giuseppe Micheli (1874-1948), e di Antonio Bizzozero (1851-1934), con il compito di innovare e accrescere ulteriormente il comparto.
Il 15 maggio 1939 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto di costituzione dell’Ente per la Mostra delle Conserve di Parma, sorto per iniziativa della Stazione Sperimentale, del Comune, della Provincia, della Camera di Commercio e degli Industriali di Parma.
Dal 1 al 20 settembre 1942 si tiene la prima “Mostra delle Conserve Alimentari” nei Padiglioni del Parco Ducale di Parma, dando il via alla serie di manifestazioni espositive specializzate ancor oggi attive con il nome di Tecnoconserve e, quindi, di Tecnocibus.
Nel nuovo quartiere fieristico sorto lungo l’Autostrada del Sole, il 4 maggio 1985 viene inaugurato Cibus, il primo salone internazionale dell’Alimentazione, evoluzione della storica “Mostra delle Conserve”. Alle soglie del nuovo millennio l’industria conserviera parmense, composta da 11 insediamenti produttivi, lavora annualmente oltre 10.000 quintali di pomodori e supera il 20% dell’intera produzione nazionale di derivati.